Sono nata il 29 marzo 1934 a Roma dove ho vissuto con i miei due fratelli Giustino (1930) e Massimo (1932) in una delle zone più belle della città, l’incantevole quartiere Coppedè. L’appartamento dove abitavamo con i nostri genitori era al 2° piano del civico n. 7 di Via Olona, una via privata vietata agli estranei quindi a nostra completa disposizione
Ci divertivamo con i nostri amici a tutte le ore, tutti giorni proprietari assoluti della via e della piazzetta, pavimentate entrambe di sampietrini e profumate dalla resina dei pini romani.
Tra gli amici vicini di casa c’erano i 3 figli Supino che abitavano nello stabile n.3 di via Olona:
Laura, che aveva la stessa età di Giustino, Giulio, coetaneo di Massimo e Silvia, mia coetanea.
Mio padre Serafino (1895-1970) era di origine abruzzese e mia madre Amalia De Rosa (1902-1990) era nata a Foggia, ma di famiglia napoletana. Il loro stile di vita era cercare di amare nel miglior modo possibile la famiglia, con tanta delicatezza e donazione. L’amicizia leale e disinteressata era un valore da raggiungere con spontaneità.
Zio Erminio Trella (+1946), fratello di papà, medico, viveva con noi e svolgeva con grande distinzione e autorevolezza il suo compito, perlopiù gratuitamente. I tedeschi gli avevano requisito la “Balilla” dopo l’occupazione della città, ma andava instancabilmente a piedi dove era necessario.
Mia mamma, pur nella sofferenza del momento così grave, incarnava l’espressione di Dostojevski “la bellezza salverà il mondo” e tutto quello che faceva non era soltanto estetico, ma aveva uno spessore di verità, di saggezza e di cuore.
Così quando un giorno vennero a casa i tre bambini Supino, senza tante spiegazioni da parte dei nostri genitori, noi fummo tutti nella gioia.
Il dramma del momento lo vivevano di nascosto solo i genitori Trella e Supino.
Noi bambini eravamo stati educati a non fare domande, ci bastava quel vivere insieme ogni minuto, quasi come se continuassimo la vita di prima in via Olona. Giocavamo, studiavamo, tutto con grande ordine e semplicità. Ma i Supino non potevano uscire, le ore erano lunghe e mamma cercava in tutti i modi di distrarli dai loro segreti “perché ? ”
Una volta mamma trovò nel suo cassettone un pacchetto di calcomanie bianche e nere e le regalò a Silvia ed io fui molto gelosa di questo “ privilegio”…..
Ma una mattina Eligio il portiere mandò di corsa sua moglie Domenica per avvertire che alla fine della strada era ferma una camionetta con due soldati tedeschi.
Mia mamma si sistemò l’abito, mi prese per mano, mi raccomandò di non aprire mai bocca. Dopo un po’ suonarono alla porta due tedeschi armati e chiesero se in casa c’era un ragazzo. Mamma stava ferma sulla porta con me accanto ed impediva l’ingresso. Poi con fermezza li dirottò dicendo che forse loro cercavano un ragazzo che abitava nella seconda scala del palazzo al quarto piano. Ancora sento la sua mano che stringeva forte la mia. Ben sapeva che Orlando Morelli – così si chiamava il ragazzo perché il suo nome mi è rimasto impresso nella memoria – aveva lasciato Roma con la famiglia da moltissimo tempo.
Per quanto tempo abbiamo vissuto insieme? Mio fratello Massimo ricordava qualche mese.
I miei genitori non hanno mai più parlato con noi di quel periodo, non lo consideravano un atto eroico.
Amalia Trella ed Emma Supino sono rimaste amiche fino agli ultimi giorni della loro vita.
Roma, 21 aprile 2008